Juve, il problema è chi resta, non chi va. Intanto arriva Pirlo.

Juve, Pirlo
Andrea Pirlo

Com’è triste la Juve, un anno dopo. Sarri esonerato, Paratici confermato: c’è già un errore nella clamorosa (ma meno di quanto sembri) decisione della Juventus di mettere alla porta l’allenatore, un solo anno dopo l’ingaggio, che doveva garantire almeno il passaggio da una squadra spesso “inguardabile” ma almeno vincente (certo in Italia) a una quantomeno più spettacolare e divertente, ben sapendo che la Champions non te la garantisce nessuno e che rappresenta sempre l’incrocio felice tra bravura e casualità, quella casualità che restando agli ultimi 15 anni ha comunque portato sempre la Juve fuori dal trionfo, nonostante la pressoché presenza illimitata. D’altronde è anche vero che la formidabile Italia di Velasco, non vinse mai le Olimpiadi, perdendole tra l’altro sempre nella stessa maniera e per giunta contro la stessa squadra, forte ma non come gli azzurri. Ma è una similitudine che regge solo l’impianto statistico.

Maurizio Sarri

L’errore che suggerivo all’inizio, non riguarda ovviamente Sarri. L’esonero, benché spiacevole, ci sta. Un po’ di severità esiste, perché l’anno di riparazione si concede quasi sempre in automatico e qualche alibi gli va pure concesso, in un anno travagliato personalmente e, in modo traumatico, per il mondo intero. Tuttavia Sarri ha sempre dato la sensazione di non avere in mano la situazione, al di là delle battute: “la squadra non mi segue”, comunque sintomatiche e gravi: ha vinto un campionato, certo il nono (e quindi ogni anno sempre più difficile), non tanto con un solo punto di vantaggio (in realtà erano praticamente 10 fino a quel rigore a favore del Milan, si direbbe irrimediabilmente fatale, al di là di quella clamorosa sconfitta), ma giocando sempre male, finendo indietro anche come miglior attacco e miglior difesa, sorretto dalle improvvisazioni geniali di Ronaldo e Dybala, il giocatore che qualcuno in società voleva scambiare con Icardi; ha perso Supercoppa e Coppa Italia ed è uscito agli ottavi di finale contro il Lione, che non furoreggiava nemmeno nel campionato francese, tra l’altro fermo da mesi. I dati del fallimento sono evidenti, ai quali si può aggiungere che Sarri non ha mai incarnato l’immagine consolidata e molto borghese della Juve, quindi non amato dai tifosi, apparso per di più quasi snaturato dalla sua stessa personalità, non solo di gioco. Per finire il discorso, la Juve di Ossimoro, che sarebbe una sciocchezza rimpiangere, aveva una identità. Piuttosto brutta, ma ce l’aveva; quella di Sarri no. Entrambe si sono affidate alle intuizioni dei singoli non avendo una coralità percepibile, ma di una rappresentava paradossalmente la forza, dell’altra la debolezza.

L’errore è probabilmente allora la riconferma di Paratici, che ha colpe più gravi di Sarri, come in generale tutta una società che ha tentato l’anno scorso una “rivoluzione” estetica, tentennando a lungo sul nome dell’allenatore, accontentandosi poi di una soluzione tutt’altro che ottimale e preferita: nessuno avrà dimenticato i lunghi giorni dell’attesa del post Ossimoro. Una volta scelto Sarri era anche ovvio affidargli una squadra che avesse stimoli e caratteristiche precipue per il sarrismo; invece gli è stato affidato un centrocampo mediocre (per il livello delle attese), giocatori a parametro zero del genere fantasmatico-sul viale del tramonto, tipo Rabiot e Ramsey, mantenendo calciatori logori, tipo Alex Sandro, o dalle speranze vane, tipo Bernardeschi; dagli amanti dell’infermeria, tipo Khedira e Douglas Costa, ai pigri, tipo Pjanic; ma volendo cedere uno come Dybala, e qui non è che casca l’asino, perché è cascato da un pezzo.

Paulo Dybala

Oggi la società, appena un anno dopo, al termine di una stagione fallimentare, con uno scudetto miserello vinto più per colpe e limiti delle avversarie, si ritrova con mezza squadra da rifondare, un allenatore da trovare e un traguardo ancora da sognare, Ronaldo o non Ronaldo. Insomma: ok Sarri ha le sue colpe, ma la società ne ha di più. Con un problema: gli allenatori si cambiano, i dirigenti meno. E forse in questo sta la perplessità di una giornata di agosto, che ha stravolto il mondo della squadra italiana più titolata, che sa spesso vincere tanto e (quasi) tutto, non le sue ossessioni.

In serata, dopo l’esonero, è arrivata la notizia di Pirlo, nuovo allenatore.
Meglio l’azzardo che la confusione e i tentennamenti, anche se un po’ salto nel buio lo è.

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